Le “svuotano” il conto corrente utilizzando la carta di credito rubata: responsabile la società emittente che non ha provato il dolo o la colpa grave dell’utilizzatrice

Le “svuotano” il conto corrente utilizzando la carta di credito rubata: responsabile la società emittente che non ha provato il dolo o la colpa grave dell’utilizzatrice
21 Ottobre 2019: Le “svuotano” il conto corrente utilizzando la carta di credito rubata: responsabile la società emittente che non ha provato il dolo o la colpa grave dell’utilizzatrice 21 Ottobre 2019

La Corte d’appello di Milano, con una sentenza pubblicata il 23 maggio 2019, si è pronunciata in merito alla responsabilità della società emittente di carte di credito per pagamenti abusivamente eseguiti a seguito del furto di tale “strumento di pagamento” perpetrato in danno del suo utilizzatore.

La controversia, decisa in prime cure dal Tribunale di Milano, riguardava una serie di pagamenti eseguiti, per un totale di € 11.198,40, dopo che una carta di credito era stata sottratta e che, subito dopo, una persona aveva telefonato alla società emittente, spacciandosi per il titolare e chiedendo la modifica dell’utenza telefonica indicata per il servizio “Sms Alert” (alla quale venivano inviati i “messaggini” di avviso dei pagamenti effettuati con la carta stessa).

L’utilizzatrice, che usava la carta molto raramente e che non aveva ricevuto gli sms relativi ai predetti pagamenti, si era avveduta del furto e dell’abusivo utilizzo della carta stessa (provvedendo poi a “bloccarla”), solo a distanza di tempo, perché veniva avvisata da un funzionario della propria banca che il suo conto corrente era andato “in rosso”.

Ella, dopo aver ricostruito “i propri movimenti” aveva realizzato che “verosimilmente il furto della carta di credito e della carta di identità” circa un mese e mezzo prima “quando tali documenti erano stati lasciati nella borsa all’interno di un camion per trasporto cavalli, essendo la impegnata a partecipare a una gara ippica”.

Le verifiche effettuate sull’utilizzo della carta di credito avevano portato ad appurare che il giorno stesso della sottrazione la carta era stata “utilizzata sei volte presso una sala giochi, per una spesa complessiva di euro 5.500,00” e un mese dopo, nello stesso giorno, era “riutilizzata… cinque volte presso una sala bingo e una ulteriore volta presso un cambio valute, il tutto per una spesa complessiva di euro 5.698,40”.

L’attrice aveva imputato alla società emittente di aver “omesso di effettuare alcuna verifica in ordine alla natura anomala delle spese effettuate, nonché all’utilizzo in sequenza per svariate volte della carta di credito e avendo, inoltre, consentito di modificare l’utenza telefonica su cui era attivo il servizio di alert mediante una semplice telefonata, senza verificare la richiesta sulla vecchia utenza”.

Aveva aggiunto che, essendo “solita usare la carta di credito molto raramente e per questo motivo aveva potuto avvedersi del furto solo dopo essere stata avvisata dalla propria banca”.

La società convenuta aveva resistito alla domanda dell’attrice, sostenendo che l’“essersi accorta del furto della carta di credito 47 giorni dopo il fatto e dopo essere stata avvisata dalla banca, dimostrava la colpa grave con cui l’attrice non aveva ottemperato all’obbligo di custodia della carta” e che “la modifica dell’utenza su cui operava il servizio di alert poteva essere effettuato anche telefonicamente, a condizione di fornire tutti i dati anagrafici, per cui la convenuta non aveva potuto riscontrare nessuna anomalia nell’operazione effettuata”, aggiungendo di non essere “tenuta a effettuare alcuna verifica sulla portata anomala o meno del tipo di spese effettuate attraverso l’utilizzo della carta di credito”.

La sentenza del Tribunale di Milano, che aveva accolto la domanda attorea, veniva appellata dalla società emittente.

Ma la Corte d’appello ha respinto l’impugnazione, rilevando anzitutto che il terzo comma dell’art. 12 del decreto legislativo n 11/2010, in attuazione della direttiva 2007/64/CE, “ha previsto che: “salvo il caso in cui l'utilizzatore abbia agito con dolo o colpa grave ovvero non abbia adottato le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati che consentono l'utilizzo dello strumento di pagamento, prima della comunicazione eseguita ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera b), l'utilizzatore medesimo può sopportare per un importo comunque non superiore complessivamente a 150 euro la perdita derivante dall'utilizzo indebito dello strumento di pagamento conseguente al suo furto o smarrimento”.

La Corte ambrosiana, in particolare, ha escluso la colpa grave dell’utilizzatrice, paventata dalla società emittente, osservando che il “quadro fattuale” nel cui ambito erano avvenuti i pagamenti abusivi  era  connotato sia da “un uso saltuario della carta”, sia dalla mancata ricezione da parte dell’utilizzatrice stessa di “alcuna notizia dei detti prelievi, non solo perché non aveva ricevuto l’estratto conto, ma anche perché non era stata avvertita con i messaggi di alert sul suo numero telefonico, dei prelievi illegittimi effettuati”.

Ciò perché la società emittente “aveva modificato l’utenza telefonica sulla quale era espletato il servizio a seguito di una telefonata di una persona che aveva riferito di essere la titolare della carta di credito, senza effettuare alcuna successiva comunicazione sull’utenza telefonica” dell’utilizzatrice.

In relazione ai fatti storici così accertati, la Corte ha ritenuto che “la condotta tenuta” da quest’ultima “non può essere qualificata gravemente colposa, per non essersi accorta della mancanza della carta di credito e degli addebiti illegittimi: la mancata conoscenza da parte della signora degli addebiti illegittimi, a lei mai comunicati, unitamente all’incontestato uso saltuario della carta di credito, confermano l’assenza di una condotta gravemente colposa per non essersi accorta della mancanza del possesso della carta di credito fino alla data in cui fece la comunicazione” di sottrazione della carta.

In particolare, “il mancato controllo della presenza nel portafogli della carta di credito nell’intervallo intercorso fra il suo furto e il primo momento oggettivo di avvertimento circa il suo utilizzo, da individuarsi nella ricezione dell’estratto conto, configura un lasso di tempo durante il quale, in difetto di prova contraria, la negligenza nel controllo dello strumento di pagamento deve essere ascritto al parametro della colpa lieve”.

Colposa, piuttosto, deve ritenersi la condotta della suddetta società che aveva effettuato “la modifica dell’utenza sulla quale era effettuato il sistema di allerta”, senza procedere all’anzidetta verifica.

Quanto al fatto che lo smarrimento o la sottrazione della carta debbano essere comunicate all’emittente “senza indugio”, ai sensi di quanto prescritto dall’art. 7, primo comma, lettera b) del citato d, lgs. n. 11/2010, tale prescrizione “deve essere valutata con riferimento al momento in cui l’utilizzatore scopre di avere patito il furto e non con riguardo al momento, eventualmente antecedente, in cui il furto venga perpetrato, in quanto, diversamente opinando, si attribuirebbe all’obbligo di comunicazione un connotato di responsabilità sostanzialmente oggettiva, che mal si concilia con il parametro del dolo o della colpa grave che permea l’addossamento in capo all’utilizzatore delle perdite derivanti dall’impiego non autorizzato della carta”.

E tale comunicazione, nel caso specifico, era stata eseguita “senza indugio appena scoperto il furto”.

In conclusione, poiché l’emittente non aveva adempiuto all’onere probatorio che le incombeva, non avendo provato la colpa grave dell’utilizzatrice, doveva essere condannata a risarcire il danno subito da costei in conseguenza dei suddetti pagamenti.

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